L’ultima cena
Di Carmine Asunis (18 marzo 1946 – 5 marzo 1995)
Nel 1978, eravamo sposati da un anno, quando don Luciano Vacca, che già conoscevamo bene, chiese a Carmine, se avesse voluto dipingere, per la Chiesa di San Gregorio Magno, una pala d’altare che raffigurasse l’ultima cena. Carmine disse subito di sì, senza esitazioni.
Infatti dalla sua conversione avvenuta 3 anni prima, dipingeva solo soggetti religiosi, nient’altro. Il suo ritorno alla Chiesa l’aveva vissuto con grande intensità, realmente come una rinascita, forte come un innamoramento, un punto di vista totalmente nuovo su di sé, sulla vita, sulla realtà.
Si mise subito a lavoro.
Prima però della realizzazione del bozzetto lesse e rilesse la passione di Gesù descritta nel Vangelo, e per approfondire gli aspetti storici don Luciano gli diede da leggere il famoso testo “ VITA DI GESU’ “del Ricciotti.
Una volta pronto il bozzetto, gli fu detto di mostrarlo a Monsignor Perra, un grande e severo esperto di storia dell’arte, al tempo incaricato dalla diocesi. Monsignor Perra venne a casa nostra, volle vedere anche altri lavori di Carmine, parlarono a lungo, e restò a cena con noi.
Il bozzetto passò l’esame.
La pala doveva esser lunga 5 metri e alta 2, fu preparata da un falegname che utilizzò compensato marino come fondo, resistente all’umidità, rinforzato da una solida struttura. La casa in cui abitavamo allora aveva delle stanze sghembe ma enormi. Una, aveva una parete di 6 metri, diventò la stanza del quadro. Per quasi 2 anni passammo lì tutte le sere e quasi tutte le domeniche. Carmine dipingeva, io e Cristiana, la bambina che intanto ci era nata, stavamo con lui, a fargli compagnia , e intanto mi spiegava passo passo il significato di ogni particolare.
Ricordo che il momento fissato nella scena è ripreso dal Vangelo di Giovanni, alla fina del cap. XIII e seguenti. Giuda Iscariota è appena andato via, Gesù dice ai suoi apostoli che presto non sarebbe più stato con loro, e che dove Lui sarebbe andato loro non avrebbero potuto seguirLo. Così nel quadro è raffigurato Giovanni che per lo sconforto si tiene la testa fra le mani, Pietro dice di essere pronto a difenderlo, a dare la sua vita per Lui. Gesù posa allora la mano sulla spalla di entrambi, per confortarli. Altri apostoli abbassano il capo, angosciati. La stanza del cenacolo, dice il Vangelo, era una stanza al piano superiore, addobbata con tappeti.
Nel dipinto le spoglie e spesse travi di legno richiamano l’inizio della Chiesa, i suoi assi portanti ricordano i bracci della croce. I tre spazi suddivisi dalle travi, alle spalle di Gesù sono segno della Trinità, il colore luminoso e netto delle figure contrasta le tenebre che sono al di fuori della Chiesa. I tappeti rossi segno della passione e del martirio, il bianco della tovaglia ha come significato l’innocenza dell’agnello. La linea d’orizzonte è quella delimitata dal piano della mensa. Il punto di fuga è nell’eucarestia, tutte le linee convergono infatti sulla brocca di vino.
Fra gli apostoli, Carmine ha voluto ricordare delle persone molto significative per lui.
Si possono riconoscere infatti Padre Silvio Atzeni, il francescano che ci ha sposati a Sant’Anna, e che lo ha aiutato nel suo ritorno alla Chiesa; Cesare Vacca, il terzo da sinistra, padrino di battesimo della nostra bambina, per noi una grande testimonianza di fede; Aldo, il secondo da destra, nostro testimone di nozze, ma sopratutto testimone della conversione di Carmine. E poi, si può riconoscere Carmine stesso, accanto a Giovanni, nell’angolo. Non poteva certo perdere l’occasione di sedersi a tavola con Gesù, e lo fissa intensamente.
Il settore centrale del quadro, in particolare Gesù e Pietro è certamente la parte più accurata, anche a un palmo di distanza, sono visibili uno per uno i peli della barba , i capelli, la trama del vestito di Gesù.
In quella cura minuziosa c’è un grandissimo amore per Gesù, che il tempo e gli anni, le circostanze di gioia e di dolore hanno confermato.
Proprio come la sua morte, a 48 anni, il 5 marzo del 1995, dopo una dolorosissima malattia, il cancro al pancreas, vissuta con grande fede, come stesse abbracciando la croce.
Dolores Meloni
Vedova di Carmine Asunis