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PREPARIAMOCI ALLA DOMENICA

Letture della domenica

ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

 

 

Grado della Celebrazione: FESTA
Colore liturgico: Rosso 

Antifona d'ingresso
Non ci sia per noi altro vanto che nella croce
del Signore nostro Gesù Cristo.
Egli è nostra salvezza, vita e risurrezione;
per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati. (Cf. Gal 6,14)

Si dice il Gloria. 

Colletta
O Padre, che hai voluto salvare gli uomini
con la croce del tuo Figlio unigenito,
concedi a noi, che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero,
di ottenere in cielo i frutti della sua redenzione.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

 

LETTURE: Quando questa festa ricorre in domenica, si proclamano le tre letture qui indicate; se la festa ricorre in settimana, si sceglie come prima lettura una delle due che precedono il Vangelo; il Salmo responsoriale è sempre lo stesso.



PRIMA LETTURA (Nm 21,4-9)
Chiunque sarà stato morso e guarderà il serpente, resterà in vita.

Dal libro dei Numeri

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero».
Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì.
Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo.
Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 77)
Rit: Non dimenticate le opere del Signore! 

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore.

SECONDA LETTURA (Fil 2,6-11)
Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

Parola di Dio

Canto al Vangelo ()
Alleluia, alleluia.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo,
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Alleluia.

VANGELO (Gv 3,13-17)
Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo. 

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
(Dall'Orazionale CEI 2020)
Come popolo redento, invochiamo Dio nostro Padre che nell’albero della croce ci ridona il frutto della vita in Cristo suo Figlio.
Preghiamo insieme e diciamo: Per il mistero della croce, salvaci, Signore.

Per la santa Chiesa: in ogni suo gesto, parola e opera annunci l’immenso amore del Padre, rivelatosi pienamente nella croce del suo Figlio. Preghiamo.
Per i vescovi, i presbiteri e i diaconi: siano servi e testimoni della sapienza dello Spirito, che scaturisce dalla croce. Preghiamo.
Per i perseguitati a causa della fede e della giustizia: dalla croce di Cristo attingano la certezza della vittoria dell’amore sull’odio e del bene sul male. Preghiamo.
Per le sorelle e i fratelli sofferenti nella carne e nello spirito: sentano la presenza consolatrice di Cristo che illumina l’esperienza del dolore. Preghiamo.
Per noi qui riuniti: l’Eucaristia ci comunichi la forza e la gioia di testimoniare la nostra fede con totale adesione alla volontà del Padre. Preghiamo.

Padre, ricco di misericordia, che hai esaltato il tuo Figlio, fattosi obbediente fino alla morte, infondi in noi la forza dello Spirito, perché possiamo portare quotidianamente il peso e la gloria della croce. Per Cristo nostro Signore.

Preghiera sulle offerte
Ci purifichi da tutti i nostri peccati, o Signore,
questo sacrificio che, offerto sull’altare della croce,
espiò il peccato del mondo.
Per Cristo nostro Signore.

PREFAZIO
La vittoria della Croce gloriosa

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno.
Nel legno della croce
tu hai stabilito la salvezza dell’uomo,
perché da dove sorgeva la morte
di là risorgesse la vita,
e chi dall’albero dell’Eden traeva la vittoria,
dall’albero della croce venisse sconfitto,
per Cristo Signore nostro.
Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria,
le Dominazioni ti adorano,
le Potenze ti venerano con tremore;
a te inneggiano i cieli dei cieli e i Serafini,
uniti in eterna esultanza.
Al loro canto concedi, o Signore,
che si uniscano le nostre umili voci nell’inno di lode: Santo, ...

Antifona di comunione
«Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me»,
dice il Signore. (Gv 12,32)

Preghiera dopo la comunione
Signore Gesù Cristo, che ci hai nutriti al tuo santo convito,
guida alla gloria della risurrezione
coloro che hai redento con il legno della vivificante croce.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Fonte Sito: www.lachiesa.it

 

 - Parrocchia San Gregorio Magno

MEDITIAMO LA PAROLA DI DIO

Un amore da esaltare

 

Avete ragione, scusate. 

Già solo la titolazione di questa festa che, quest’anno, sostituisce la domenica ci infastidisce.

Come si fa ad esaltare la croce? Il dolore non è mai da esaltare, né, è bene ribadirlo, ha in sé una valore positivo.

Davanti al dolore dell’innocente, davanti alla sofferenza inattesa, davanti ai tanti volti di persone che hanno avuto la vita stravolta dalla tragedia di una malattia o di un lutto, le parole diventano fragili e l’annuncio del Vangelo si fa zoppicante.

L’unica vera obiezione all’esistenza di un Dio buono, così come Gesù è venuto a svelare, è il dolore dell’innocente.

Molti dei dolori che viviamo hanno la loro origine nell’uso sbagliato della nostra libertà o nella fragilità della condizione umana. Ma davanti a un bambino che muore, anche il più saldo dei credenti vacilla. Giustamente.

Al discepolo il dolore non è evitato, e non cercate nella Bibbia una risposta chiara al mistero del dolore (Ma davvero cerchiamo una risposta? Noi vogliamo non soffrire, non delle risposte!).

Non troviamo risposte al dolore, troviamo un Dio che prende su di sé il dolore del mondo.

E lo redime.

La regina pellegrina

Quella di oggi è una festa nata da un fatto storico: il ritrovamento da parte della regina Elena, madre dell’imperatore Costantino, primo imperatore convertitosi alla fede (così pare…), del luogo della crocifissione a Gerusalemme. 

Il figlio non so, ma certamente la regina Elena era una cristiana sincera, e desiderò compiere, per la prima volta, un pellegrinaggio sui luoghi di Gesù, dopo secoli di oblio ufficiale.

Il luogo della crocifissione e sepoltura del Maestro fu custodito con devozione dai discepoli durante tre secoli, malgrado Roma imperiale avesse fatto di tutto per farlo dimenticare, costruendovi sopra un tempio dedicato a Giove nella città di Aelia Capitolina, costruita sulle macerie di Gerusalemme e lì, dopo la demolizione del tempio, il ritrovamento del sepolcro, fu ritrovata in una cisterna la presunta croce di Gesù con il titulum crucis

Grandissimo scalpore suscitò quella scoperta e le comunità cristiane si ritrovarono in un ventennio dall’essere perseguitate al vedere portata la croce trionfalmente a Costantinopoli, proprio un 14 settembre.

Da allora e per noi, oggi, questa data ci offre l’occasione per una seria riflessione sulla croce. 

Dio non ama la sofferenza

La croce non è da esaltare, dicevamo, la sofferenza non è mai gradita a Dio, Dio non gradisce il sacrificio fine a se stesso.

Lo dico per scongiurare la tragica inclinazione all’autolesionismo tipica del cattolicesimo, inclinazione che crogiola il cristiano nel proprio dolore pensando che questo lo avvicini a Dio, inclinazione che produce molti danni. 

La nostra è una religione che rischia di fermarsi al venerdì santo, perché tutti abbiamo una sofferenza da condividere e ci piace l’idea che anche Dio abbia sofferto come noi. Ma la nostra fede non resta ferma al calvario, corre al sepolcro come hanno fatto Pietro e Giovanni. 

E lo trova vuoto.

La felicità cristiana è una tristezza superata, una croce abbandonata perché ormai inutile e questa croce, ormai vuota, viene esaltata. 

È la croce gloriosa e inutile che oggi esaltiamo. Non quella sanguinante cui ancora vengono appesi mille e mille cristi sanguinanti e morenti.

Una croce che ha portato Dio, che è diventata il trono da cui ha manifestato definitivamente la sua identità.

La croce non è il segno della sofferenza di Dio, ma la misura debordante del suo amore. 

La croce è epifania della serietà del suo bene per ciascuno di noi. 

Fino a questo punto ha voluto amarci, perché altro è usare dolci e consolanti parole, altro appenderle a tre chiodi, sospese fra il cielo e la terra. 

Il paradosso dell’amore

La croce è il paradosso finale di Dio, la sua ammissione di sconfitta, la sua dichiarazione di arrendevolezza: poiché ci ama lo possiamo crocifiggere. 

Esaltare la croce significa esaltare l’amore, esaltare la croce significa spalancare il cuore all’adorazione e allo stupore. 

Innalzato sulla croce (Giovanni non usa mai la parola “crocifisso” ma “osteso” cioè mostrato) Gesù attira tutti a sé. 

Davanti a Dio nudo, sfigurato, così irriconoscibile da necessitare di una didascalia per riconoscerlo, possiamo scegliere: cadere nella disperazione o ai piedi della croce. 

Dio – ormai – è evidente, abissalmente lontano dalla caricatura che ne facciamo; egli è li, donato per sempre. 

E al discepolo è chiesto di portare la sua croce.

No, Dio non manda le croci, non ci mette alla prova facendoci soffrire. Nella mia vita ho scoperto che, spesso, la croce sono gli altri a procurarcela. O noi stessi con i nostri giri di testa e le nostre scelte sbagliate.

Solo che spesso, quella croce, la carteggiamo e la pialliamo ogni santo giorno. 

Evitiamo le sofferenze inutili, abbandoniamo i dolori che scaturiscono da un’errata visione del mondo!

Portare la propria croce significa portare l’amore nella vita, fino ad esserne crocifissi. 

La croce non è sinonimo di dolore ma di dono, dono adulto, virile, non melenso né affettato. 

Dio ci ha presi sul serio, rischiando di essere uno dei tanti giustiziati della storia. 

Questa festa, allora, è per noi l’occasione di posare lo sguardo sulla misura dell’amore di un Dio che muore per amore, senza eccessi, senza compatimenti, libero di donarsi, osteso. 

Questo, ora, è il volto di Dio. 

Lui, l’appeso, il per sempre donato, cui volgiamo lo sguardo.

Cristi

Allora ti rispondo, amico che scrivi urlando a Dio il tuo dolore: alla fine della tua rabbiosa preghiera non troverai un muro di gomma, né un volto indurito ma – semplicemente – un Dio che muore con te. 

E potrai scegliere di bestemmiarlo e accusarlo ancora della nostra fatica oppure – che egli te lo conceda – restare stupito come quel ladro crocifisso che non sapeva capacitarsi di tanta follia d’amore. 

Tutto qui, è tutto qui… la croce è l’unità di misura dell’amore di Dio. 

Sì, amici, c’è di che celebrare, c’è di che esaltare, c’è di che esultare.

 Fonte sito: Paolocurtaz.it

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